mercoledì 30 aprile 2014

Torino for dummies.

Torino - per quello che riusciamo a carpirne in due giorni di visita - appare una città molto ricca ed evoluta sotto il profilo culturale... e questo vale anche per la cultura enogastronomica!
Tanti sono gli spunti che ci offre per mangiare e bere (bene) e vale, quindi, la pena appuntarci i più significativi.

Al Bicerin

Cioccolatari.
Ne proviamo due, incappando - senza volerlo - nelle due facce della gastronomia torinese.
"Al bicerin" di piazza della Consolata è un locale defilato, antico, quasi un pezzo di antiquariato che bisogna andare a cercare; pacato e suggestivo lui, semplici e cordiali (ma taaanto flemmatiche) le due anziane signore che lo gestiscono.
Si respira un'atmosfera serena (e voluttuosa) tra i suoi tavolini all'aperto, affacciati sulla chiesa della Consolata, su due fette di torta e - appunto - su un bicchiere di "bicerin".
"Guido Gobino" è agli antipodi: locale rampante, ricercato, si mette in mostra lungo la "gastronomica" via Lagrange. E' il più famoso e chic di torino, ed i suoi prodotti - in effetti - sono davvero ottimi.
Un po' fastidioso però l'atteggiamento tra lo smorto e lo snob dei suoi commessi.

Eataly Lingotto.
Ci ha lasciato con davvero con l'amaro in bocca. La vivibilità dell'ambiente è scarsa, di certo peggiore rispetto a quella di tanti "normali" supermercati: quasi ovunque gli spazi sono strettissimi e costringono a file continue e ad un costante movimento per lasciar passare il cliente successivo; con l'eccezione del reparto enoteca, bisogna fare fatica per soffermarsi sui prodotti esposti, peggio che ai "mercati delle pezze".
Anche i ristorantini sono deludenti: a parte la povertà dell'offerta di bevande (sembra un franchising Fontanafredda, Baladin-Lurisia e Peroni), ci sorprende proprio il mediocre livello qualitativo.
E questo con riguardo sia alle preparazioni (ci servono una lasagna di verdure scotta che fa rimpiangere la mensa universitaria), sia - e soprattutto - alla presentazione dei prodotti da parte del personale: per dire, neppure chiedendo espressamente chiarimenti alle commesse riusciamo a capire la provenienza dei formaggi che ci hanno appena messo nel piatto.
Insomma, ci aspettavamo un luogo dove "conoscere" il cibo ma abbiamo trovato solo un non-luogo dove "consumarlo"; ci aspettavamo un luogo di diffusione della cultura gastronomica, ma abbiamo trovato solo una sorta di supermarket per "ricchi".
Detto questo, non significa che ne usciamo a mani vuote... ehm...
(Inoltre il loro pane a pasta madre è buonissimo!)

Open Baladin.
Tutt'altra esaltazione ci mette in corpo la nuova birreria Open Baladin, accoccolata al centro del largo piazzale Valdo Fusi.
Che dire: esteticamente curatissimo ed allegro come nel tipico stile "mussiano", quasi barocco nell'ostentazione delle bottiglie ma senza appesantirsi e, soprattutto, ricco di contenuti: 40 spine di birre artigianali italiane, cucina "fast" di ottima qualità, personale - una volta tanto! - preparatissimo (e svelto).
Un vero paradiso per noi gente di paese!

Open Baladin

Sotto la Mole.
E' l'unico ristorante che approcciamo nel nostro viaggio, situato - come precisa il nome - esattamente sotto la Mole.
Il locale non è molto grande e l'arredamento, piuttosto essenziale, tende al retrò. Il titolare è una persona gentile ed affabile, e tratta bene pure noi che siamo quelli vestiti peggio.
La lista dei vini si fa apprezzare per l'ampia scelta, anche al bicchiere e al mezzo litro (il che ci permette di provare un po' qua e un po' là). Avremmo gradito però, per orientarci, qualche spiegazione in più da parte della cameriera... ma non si può avere tutto.
In ogni caso, capitiamo benissimo con il Roero Arneis di Filippo Gallino (azienda in quel di Canale), che odora di fiori bianchi, frutta esotica e pietra ed ha un gusto equilibrato e gustosamente sapido.
I piatti offerti, infine, non sono tanti ma ci sembrano tutti di ottimo livello (tranne il vitello tonnato...).
Da leccarsi i baffi, in particolare, il mio antipasto di Robiola di Roccaverano condita con aceto e nocciole ed accompagnata da misticanza di stagione ed il mio primo di tajarin con ragù bianco di faraona e porri, che danno (una volta tanto) la biada ai piatti scelti da quell'altra. Ah!

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